Ho insegnato per alcuni anni in un campo pratica alle porte di Milano, luogo ideale per tutti quelli che cercano il primo approccio al gioco del golf. Spesso mi è capitato di accogliere i potenziali neo golfisti per mostrargli la struttura e per spiegargli quali fossero i passi da intraprendere per arrivare di fatto a giocare a golf. Si perchè quando uno inizia a giocare a tennis sa che se riesce a non mancare la palla e a trovare un compagno del suo calibro può tranquillamente giocare a tennis, anche dal primo giorno, mentre porta avanti con calma tutta l’eventuale fase di apprendimento, lezioni, allenamenti e tutto quanto. Esempio analogo potrebbe essere quello dello sci, come del resto anche molti altri. Per il golf invece no, come i golfisti che stanno leggendo sanno bene. La Carta Verde del golf spesso è un passaggio “ostico”.
In questo articolo vorrei spiegare cos’è la Carta Verde, o meglio l’abilitazione al gioco sul campo, su quali presupposti dovrebbe basarsi e come viene gestito in altri paesi lo stesso tipo di certificazione.
Prima è doveroso fare un riassunto dell’attuale iter che porta un curioso del mondo del golf a diventare un golfista con handicap certificato:
- acquisto tessera: formalità, basta dare i propri dati ad un circolo aggregato o affiliato alla FIG. Si diventa classificati come NA, che vale come “giocatore non abilitato”. In questa fase in teoria uno dovrebbe solo fare colpi in campo pratica, meglio se sotto la guida di un maestro.
- abilitazione al gioco sul campo: detta anche Carta Verde. Spiego meglio dopo. Si diventa GA, che vale come “giocatore abilitato”. In questa fase ci sono le prime uscite sul campo, anche da soli, e ci si prepara all’esame delle regole che è il punto successivo.
- esame delle regole del golf: per apprendere e dimostrare di conoscere almeno le Regole del Golf più importanti. Si diventa NC, che vale come “giocatore non classificato”, cioè senza handicap di gioco. In questa fase si gioca sempre di più in campo e si iniziano a fare le prime gare per tentare di acquisire l’handicap.
- giocatore di golf: è uno status che si ottiene conquistando l’handicap in una gara ufficiale. Si diventa golfisti a tutti gli effetti.
Non esiste una vera e propria guida che indichi quali siano le regole che determinano l’effettiva idoneità di un aspirante golfista.
Secondo voi? quali potrebbero essere i principi per i quali si è pronti a giocare sul campo?
Io l’ho sempre pensata in questo modo. La fase di solo campo pratica è veramente noiosa, ripetitiva, se possibile, al fine di convertire il maggior numero di non golfisti al nostro amato sport, ho sempre cercato di far conoscere il campo ai miei allievi il prima possibile. Senza però mai oltrepassare un limite, che è quello dato dalla soglia di non divertimento.
Mi spiego meglio. Se porto in campo uno che non è effettivamente in grado di colpire la palla e farla volare, anche solo in qualche modo, ottengo l’effetto opposto, cioè depressione, divertimento nullo con conseguente probabile abbandono.
Se invece riesco a portare l’allievo a far volare la palla in avanti il più delle volte e lo porto in campo sono sicuro di farlo “innamorare” ancora di più di questo gioco, assicurando un nuovo golfista.
Per cui il concetto è: inizia ad impratichirti con i primi colpi al driving range, sia lunghi che di gioco corto. Appena possibile ti porto in campo e ti spiego le regole essenziali, più che altro quelle di etichetta e di come ci si deve comportare. Dopo di che per me sei idoneo a fare le prime esperienze sul campo.
In altri circoli invece, per testimonianza diretta, la situazione è differente, spesso ai neofiti viene data l’impressione di dover fare un certo numero di lezioni e poi dopo alcune uscite in campo, quasi come se l’abilitazione fosse un’arma per tenersi legato l’allievo, anche oltre il normale tempo di apprendimento. Ovviamente è un fatto che non fa bene al golf ed è, a mio avviso, anche stupido in quanto dopo questa forzatura l’allievo se ne andrà comunque, finalmente libero da vincoli non scritti e non detti.
In altri paesi invece la situazione è diversa. Ad esempio in Spagna non ho trovato traccia da nessuna parte di particolari certificazioni prima di ottenere l’accesso al campo, forse è qualcosa che la loro federazione lascia da regolamentare ai circoli, caso per caso.
In Francia invece esiste la “Carte Verte“, che però ha un preciso regolamento, che di fatto chiude la porta a quegli spiacevoli malintesi che citavo prima, in quanto è tutto già prestabilito. La “Carte Verte” è così definita: un attestato delle capacità del giocatore di con tessera federale, ma non classificato o con handicap superiore a 35,4. L’attestato indica che il giocatore riesce a giocare un percorso di 9 buche con altri 2 compagni, in poco tempo, ma con calma, applicando le regole di etichetta e in tutta sicurezza. La “Carte Verte” dà accesso a molti più percorsi, anche se ogni circolo rimane l’ultima autorità per decidere chi, come e quando far giocare sul proprio percorso.
Per ottenere la “Carte Verte” un giocatore deve avere questi pre-requisiti:
- essere tesserato per l’anno in corso
- avere un attestato del proprio circolo che indica che ha fatto almeno 5 percorsi da 9 buche, fuori gara
- avere un attestato da parte di un maestro che indica che il giocatore è in grado di eseguire la maggior parte dei colpi previsti dal gioco, dal tee, al green e gli approcci, così come anche di saper applicare le regole del golf fondamentali
Una volta in possesso di tali requisiti si passa ad un test finale, nel quale si devono giocare 9 buche, in 3, con il carrello a mano ed entro un tempo limite prestabilito. Almeno 3 buche saranno monitorate da un comitato che assegnerà la “Carte Verte” solo se non si commettono più di 7 infrazioni all’etichetta e non più di 1 infrazione alla sicurezza del gioco.
La “Carte Verte” così ottenuta sarà definitiva a meno di un comportamento anti-sportivo.
Curioso come non si parli di risultati o punteggi, come invece spesso si sente anche in Italia. Infatti uno dei detti che più i son rimasti impressi del golf in Francia è “jouez mal mais jouez vite“, che vuol dire letteralmente “giocate male ma giocate veloci“….
In UK invece non si parla affatto di abilitazioni o altro, addirittura li non è obbligatoria la tessera. Ci saranno chissà quanti golfisti maleducati ed incapaci allora a giocare… mai stai in un campo in UK? Tutto l’opposto.
Credo tuttavia che in Italia, per come siamo fatti, sia necessario porre dei paletti, ma forse questi paletti dovrebbero essere ben definiti, limitando al minimo l’interpretazione delle realtà locali e mettendo subito in chiaro quali siano i passaggi che un neofita deve percorrere per arrivare a giocare in campo.
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