Questo è uno dei momenti che ricordo con più emozione e con più entusiasmo per la storia del golf italiano. Era il lontano 1995, a luglio, tempo di Open Championship, volgarmente chiamato British Open ed invece più correttamente chiamato The Open a testimoniare che quello è il torneo per eccellenza nel mondo del golf, il più antico, il più prestigioso, quello che ogni ragazzino che tira bastonate alla palla da golf sogna un giorno anche solo di poter giocare. Il fatto che vi sto per raccontare riguarda il nostro campione Costantino Rocca, una settimana di gioco favoloso, ma quegli ultimi 30 minuti del 4° giro sono impressi a fuoco nella mia memoria.
Il campo e le condizioni climatiche non potevano essere migliori, nel senso di adeguate alla tradizione. Vento, freddo e tutta la storia che trasuda dai fairways del Royal and Ancient Golf Club of Saint Andrews in Scozia, erano l’ingrediente perfetto per quanto di li a poco sarebbe successo.
La settimana inizia con primo giro agguerrito, in soli 3 colpi ci sono ben 17 giocatori, dal gruppetto di testa, nel quale troviamo un giovane John Daly, Tom Watson, Mark McNulty e Ben Crenshaw, a -5 fino al gruppo dei -3 dove c’è anche Costantino Rocca.
John Daly è la promessa americana del momento, giovane, ribelle e recente vincitore del suo primo major, il PGA Championship 1991. Tra gli altri ci sono fortissimi giocatori, titolati e super esperti. C’è anche Darren Clarke, che per vincere l’Open Championship ha dovuto attendere fino a quest’anno, ben 16 dopo.
Il secondo giro miete alcune vittime, John Daly invece rafforza la sua posizione di leader, appaiato con Brad Faxon e Katsuyoshi Tomori che hanno recuperato. Anche il nostro Costantino ha tenuto il passo e si è portato ad un solo colpo dal gruppetto di leaders che è a -6
Il terzo giro è dominato da un grande giro di Michael Campbell che con 65 colpi (-7) si porta in testa con 2 colpi di vantaggio sul nostro Costantino Rocca, secondo in solitaria. John Daly forse accusa la pressione scivola un poco indietro a -5, 4 colpi dal leader.
Nel quarto giro le condizioni di gioco sono tutt’altro che facili, gli score sotto i 70 colpi sono pochissimi e perlopiù realizzati da chi giocando nelle prime ore non ha avuto troppo disturbo dal vento.
Non ho mai giocato, per ora, a St. Andrews, ma è difficile non conoscere le ultime 2 buche.
Buca 17 Par 4 da 455 yards che fanno circa 410 metri, dogleg a destra con tee shot da giocare sopra il confinante hotel, per tagliare l’angolo ed avvicinarsi di più al green, comunque ancora lontano. La particolarità della buca sta anche nella forma del green, a fagiolo, messo di traverso, quindi molto stretto e con un colpo lungo è difficilissimo fermare la palla. Circa in linea con il centro del green c’è un bunker, piccolissimo, ma con le tipiche sponde verticali. Mario Camicia, storica voce del golf in Italia, non si stanca mai di ripetere tutte le disavventure che sono capitate negli anni ai giocatori che son finiti li dentro, 9 colpi per uscire etc.. roba terrificante, quindi tutti, se riescono, lo evitano come la peste.
Ma non finisce qui, dietro il green la situazione non migliora, c’è una strada asfaltata ed un basso muretto in pietra con fuori limite. Voi che pensavate di tirare al green stando un pò abbondanti per evitare il bunker frontale… beh dovete rivedere la vostra strategia.
Tornando alla gara, John Daly è in club house, l’unico ancora in campo che può dire la sua è proprio Costantino Rocca, ma ha 2 buche da giocare la 17 e la 18 e deve fare 1 birdie per andare al playoff.
Secondo colpo di Rocca alla 17, lungo al green, sulla stradina.
Quello che succede da li è un pezzo di storia:
Volutamente ha fatto saltare la palla contro l’asfalto per cercare un rimbalzo di smorzo contro la piccola sponda del green. Una sensibilità da fenomeno, la palla va vicinissima alla buca, 1 putt ed il par è salvo.
Buca 18 Par 4 di 357 yards, circa 320 metri. La mia sensazione è che la buca sia stata disegnata per permettere un finale da marcia trionfale, ai campioni e non, che sono riusciti a domare il percorso. Infatti non ci sono particolari difficoltà dal tee, senza vento contrario spesso i giocatori arrivano vicino al green ed ultimamente, anche complice la moderna tecnologia ed il tipico terreno duro dei links, qualcuno arriva in green. Il green è ampio con pendenza dal fondo verso l’ingresso. L’unica vera difficoltà è la Valley of Sins, letteralmente la valle dei peccati, che è una marcata depressione ad inizio green. Quel giorno, come spesso nel giro finale dell’Open Championship, la bandiera era appena dentro il green dopo la Valley Of Sins.
Rocca. Deve fare un birdie per portare John Daly al playoff, non c’è altra occasione e la 18 è proprio la buca dove ciò è possibile. Il drive dal tee è micidiale, potente e preciso, arriva quasi ad altezza green, leggermente a sinistra rispetto al centro buca, ma è davvero a poche yards. Il sorriso si spegne sul volto di Daly. L’approccio non è troppo difficile, ha spazio per lavorare la palla, farla battere in green e fermarla vicino alla buca per giocarsi tutto con il putt.
Avete mai tirato un corto approccio dai fairways tipici scozzesi? quelli con l’erba così bassa che sembra non esserci, il terreno sotto è molto compatto, molto diverso da quello a cui siamo abituati… si beh ma li c’è Rocca mica Burzio.
Ecco quello che è successo:
Non è possibile, il gelo al microfono di Mario Camicia. Il gelo tra gli amici con cui stavo guardando la TV. Tutta la nostra adrenalina si disperde nel nulla, tutte le speranze svanite. Ha fatto flappa. Si Rocca ha fatto flappa e la palla viene inesorabilmente catturata dalla Valley Of Sins, rimane a metri e metri dalla buca. John Daly sorride ed abbraccia la moglie, la vittoria è praticamente sua.
Chissà quali emozioni Costantino ha provato, chissà se davvero da qualche parte ci credeva ancora.
In ogni caso la storia è qui:
Ehi biondo! vai a scaldarti per il playoff…. e tagliati i capelli.
Per la cronaca poi ha vinto Daly, Costantino si è incasinato in bunker di troppo nel playoff, ma io di sicuro e credo tutti ricorderanno l’impresa di Rocca e l’emozione che ancora oggi, anche scrivendo questo articolo, ci ha fatto vivere.