Autopsia ed esami tossicologici per fare chiarezza sulla morte, a soli 21 anni, di Simone Rogati, promessa del ciclismo
Non si può morire a 21 anni stramazzando nella camera da letto della propria casa. Men che meno se si è una promessa del ciclismo tanto da essere nel giro della Nazionale e si è sul punto di fare il salto nel professionismo con una società olandese.
Presenta, quindi, molti lati oscuri la scomparsa di Simone Roganti, il giovane ciclista, in forza alla formazione marchigiana Continental MG. K Vis Colors for Peace, trovato cadavere dai suoi genitori nella sua camera da letto di Spoltore, piccolo borgo sulle colline di Pescara, dove viveva con la famiglia.
Per il momento gli investigatori, non avendo riscontrato segni di violenza sul corpo, escludono l’omicidio, ragion per cui restringono il campo delle ipotesi a un malore, forse causato da un deficit cardiaco sfuggito ai controlli medico-sportivi che risultano eseguiti e superati brillantemente, e alle conseguenze dell’uso di sostanze dopanti.
I carabinieri del nucleo investigativo, sotto la direzione del colonnello Giuseppe Saitta, hanno già passato al setaccio la camera di Roganti acquisendo ogni elemento utile alle indagini, coordinate dal pubblico ministero pescarese, Luca Sciarretta, che ha già disposto l’autopsia e i relativi esami tossicologici.
Sarà, dunque, l’esame necroscopico a fare luce su un decesso apparentemente inspiegabile e sul quale si allunga l’ombra del doping come è inevitabile nel caso di una morte sospetta nel mondo del ciclismo, da sempre sotto i riflettori per la piaga del doping. Comunque, la prudenza è d’obbligo. Adombrare l’ipotesi del doping potrebbe rivelarsi un’azzardata fuga in avanti anche perché gli investigatori scandaglieranno ogni aspetto della vita di Roganti, non solo la sua attività agonistica.
E, poi, senza i risultati dell’autopsia ogni ipotesi è destituita di fondamento, precisano gli investigatori che intendono sgombrare dal campo il prima possibile le voci sulle recenti squalifiche nella categoria elite nella quale gravitava Simone Roganti o le suggestioni legate al fatto che quest’ultimo era, come detto, originario di Spoltore, paese natale di Danilo Di Luca, ex campione radiato dal ciclismo dopo aver ammesso il massiccio ricorso a pratiche dopanti.
Dunque, ben vengano l’inchiesta della Procura della Repubblica di Pescara e i relativi accertamenti in quanto, come sottolineato da Angelo Baldini, Presidente della squadra dilettantistica di ciclismo per la quale Simone Roganti era tesserato, “in un momento tragico come questo abbiamo bisogno di capire“. Insomma, ombre, punti interrogativi e due sole certezze: il dolore di una famiglia, che purtroppo non scemerà mai, e lo sconcerto di una piccola comunità e di tutto il mondo dello sport italiano.
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