Nel corso di una intervista, il grandissimo campione Novak Djokovic ha raccontato il proprio dramma a cuore aperto: vita segnata per sempre.
Il 2024 di Novak Djokovic è iniziato abbastanza male. La nuova sconfitta contro Jannik Sinner pesa tantissimo e non potrebbe essere altrimenti. Va detto, inoltre, che il campione serbo è stato condizionato non poco dall’infortunio al polso, che gli ha impedito di dare il massimo sul campo.
Così il collega altoatesino ha potuto prendere il sopravvento più facilmente, rendendosi poi protagonista di una straordinaria rimonta durante la finalissima degli Australian Open. In questo momento è evidente come il fenomeno azzurra abbia qualcosa in più rispetto a king Nole. Quest’ultimo raggiungerà la soglia dei 37 anni di età il prossimo 22 maggio e non è certo indistruttibile.
L’esplosione di Sinner potrebbe spingerlo ad optare per l’ipotesi ritiro al termine della stagione in corso. Lui stesso ha ammesso di recente che sta cominciando a pensarci seriamente, poiché le continue trasferte lo obbligano ad allontanarsi dalla sua famiglia. Djokovic ha dato tantissimo al tennis, ragion per cui resterà senza dubbio un esempio incredibile per le nuove generazioni.
Ma ad un certo punto diventa necessario accettare i limiti dell’essere umano. Nessun ciclo dura per sempre, a prescindere da quanto bello possa essere. La leggenda vivente di Belgrado sa che il tempo scorre inesorabilmente e neanche lui può sfuggire al destino. Per adesso si mantiene ancora aggrappato al primo posto nel ranking mondiale Atp, però Sinner ha tutte le carte in regola per scavalcarlo prossimamente.
Non sarà facile per Djokovic accettare di dover appendere definitivamente la racchetta al chiodo, ma per chi non lo sapesse il campione serbo ha passato dei momenti di gran lunga peggiori nel corso della sua esistenza. Entrando più nella specifico, l’infanzia di Nole è stata tutt’altro che spensierata e gioiosa.
Nel marzo del 1999, quando la NATO diede il via all’operazione Allied Force contro la Repubblica Federale di Jugoslavia di Slobodan Milosevic, il 24 volte vincitore degli Slam – all’epoca appena dodicenne – fu costretto a rifugiarsi in numerosi luoghi diversi insieme alla propria famiglia per sopravvivere.
Ad esempio trovò riparo nello scantinato del nonno Vladimir. Belgrado, città natale di Djokovic, era uno dei principali bersagli, quindi non rimaneva altro che scappare e pregare. Il tennista 36enne si caricò sulle spalle l’intera famiglia con coraggio, ecco perché per lui il fallimento non è mai stato un’opzione praticabile.
I genitori si sono sacrificati parecchio per permettergli di giocare a tennis inseguendo il suo sogno e Nole ha ripagato con gli interessi. Ma il ricordo dei bombardamenti è ancora vivo: “È una cosa che a volte appare nella mia mente, soprattutto quando sento il suono dei fuochi d’artificio. Abbiamo ancora un trauma legato a quel periodo“, ha raccontato Djokovic ai microfoni di ‘Today’. Impossibile dimenticare un dolore del genere.
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