I giocatori professionisti sono l’esempio di come vorremmo giocare a golf. Uno swing perfetto, solido, efficace, potente e preciso. Sempre perfetti nei loro completi da gioco e mai sporchi di erba o fango per colpa di una flappata più potente di altre, come succede ai comuni mortali. Il più delle volte riescono a mantenere una calma e un controllo al limite del naturale anche quando stanno giocando un colpo che vale milioni di dollari, situazione nella quale molti di noi invece avrebbero come minimo le palpitazioni e probabilmente anche qualche spasmo nervoso che renderebbe impossibile anche solo reggere il bastone in mano. Ma c’è una cosa nella quale non dobbiamo imitarli. Il ritmo di gioco.
Ho avuto il piacere di seguire in TV il torneo The Players, gara molto importante a livello mondiale e vinta dall’ottimo Matt Kuchar.
Unica nota negativa della gara, dopo il taglio mancato da parte di Francesco Molinari, è stata quella che si riferisce al “pace of play” ovvero il ritmo di gioco che mediamente è arrivato a essere della durata di 5 ore e mezza per 18 buche… per 3 giocatori, che difficilmente, per non dire mai, perdono la palla, che non devono rastrellare un buker, ci pensa il caddie, e non devono neanche fare giri di trasferimento particolari in quanto non hanno, ovviamente, il carrello.
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