Tra le consuete letture online mi sono imbattuto in un articolo che riporta un’intervista a Dave Pelz, che per chi non ne avesse mai sentito parlare, è conosciuto come la massima autorità nell’insegnamento del gioco corto, putter, approcci, bunker… Moltissimi campioni sono passati sotto i suoi consigli, tipo Phil Mickelson, Colin Montgomerie, Vijay Singh, Tom Kite e molti altri.
Come altri grandi del golf, per esempio Mr. Ping alias K. Solheim, il background di Pelz è di ben 14 anni come scienziato alla NASA, dopo i quali ha deciso di dedicarsi alla ricerca ed all’insegnamento del golf. E’ autore di best-sellers come “Putt Like the Pros” e “Dave Pelz’s Putting Bible”.
Qui di seguito l’intervista apparsa su PutterZone.com
P. Genericamente il peggior difetto nei golfisti con problemi di putting può essere riassunto nel dire che usano troppo le mani durante il colpo. Le mani che chiudono la faccia del bastone poco prima dell’impatto, mani che cambiano il ritmo per gestire la forza del colpo, mani che guidano la rotazione del putter… Insomma i golfisti con problemi di putting tendono ad usare la mani in modo istintivo ed intuitivo per controllare il colpo.
Pensandoci, siamo abituati ad usare i piccoli muscoli dei polsi e delle mani in ogni momento della quotidianità. Le usiamo per scrivere, per pizzicare, per spremere… Il grosso problema che va quindi affrontato sta nel rimuovere questi gesti dal putting.
Nelle mie sessioni di insegnamento dico spesso che se potessi metterei le mani dei golfisti all’interno di guantoni di cemento, mantenendo la possibilità di tenere e swingare il putter, ma senza poterlo manipolare. Questo li renderebbe immediatamente puttatori migliori.
AB. Non ho avuto modo, per ora, di leggere i suoi libri, ma così come primo approccio mi sa molto di meccanico e poco di “feeling”. Io ho sempre pensato e messo in pratica una via di mezzo, ovvero ho sempre ritenuto che il putting sia un’arte che, partendo da una corretta base posturale e meccanica si evolva comunque nel tocco e nel feeling che permettono di raggiungere risultati ancora più efficaci. Insomma dove starebbe la bravura di un giocatore? Nel non usare le mani, o nel saperle usare in modo efficace? Sto solo esponendo i miei pensieri, nati spontaneamente leggendo quando scritto da Mr. Pelz. Non devono essere intesi come una critica o peggio smentita… eheh in fin dei conti Mr. Mickelson non mi ha ancora chiamato per chiedermi consigli sul putt!!! (o forse non ha il mio cell…) 😛
P. In oltre 20 anni di esperienza nelle nostre sessioni di insegnamento abbiamo messo a punto un esercizio: usare un long putter, da appoggiare o al mento o al petto.
Le mani vengono posizionate leggere sul grip ed il bastone viene fatto ciondolare in modo da non controllarne il movimento con le mani durante il colpo. Con questa postura i polsi sono impossibilitati ad azionarsi e quindi non possono intervenire per modificare il movimento del putter.
Questo potrebbe essere un esercizio di pratica, ma anche riscaldamento prima di puttare normalmente prima del giro. Se abitualmente usate un putter di lunghezza normale (ndr: 33″-35″) dovrete ripetere quest’esercizio molte volte prima di vedere i miglioramenti, ma sicuramente è una pratica che alla lunga darà i suoi risultati.
Se non disponete di un long putter potreste anche usare un manico si scopa o simile per provare anche solo la sensazione di un movimento nel quale le mani ed i polsi non intervengono.
AB. Questo mi sembra comunque un’esercizio valido, anche perchè da una pratica di questo tipo potreste imparare meglio a gestire il ritmo del movimento, la sua fluidità, caratteristiche molto importanti anche al fine di gestire al meglio lo swing con il putt anche sotto pressione.
P. Penso che il migliore sia ora sul Champions Tour, Loren Roberts, esegue un fantastico colpo a pendolo, non usa i polsi, non ruota gli avambracci, così la faccia del bastone rimane perfettamente dritta lungo tutta la zona di impatto. Circa 15cm prima e 30cm dopo l’impatto la lama del putter è perfettamente perpendicolare alla linea, questo significa che può far partire la palla assolutamente lungo la linea di tiro scelta.
Loren Roberts eccelle in quello che vorrei facessero i miei allievi: non manipola il putter durante tutto l’impatto. La lama del putter rimane square lungo la zona d’impatto. Non aumenta l’energia del colpo o meglio non colpisce la palla, effettua semplicemente un colpo di puro movimento.
Ci sono anche altri, Brad Faxon, Ben Crenshaw, Mickelson, Tiger… tra i giovani credo che Anthony Kim sia il migliore, perlomeno sui putt corti. Anche Hunter Mahan sui putt corti è molto forte ed entrambi miglioreranno anche su quelli lunghi.
Faccio provare ai miei allievi diverse cose, ma tutte per cercare di togliere controllo alle mani. Non appena ci riesco li faccio mettere in posizone sulla palla in modo che le mani sia esattemente sotto la perpendicolare delle spalle, così che possano semplicemente swingare all’indietro ed attraverso la palla con un moviemtno di pendolo che parta dalle loro spalle.
In passato i green erano molto più lenti e quindi anche i più grandi, Billy Casper, Gary Player per esempio, erano obbligati a colpire con decisione i putt altrimenti non sarebbero arrivati alla buca. Il migliore di sempre, in base alle mie rilevazioni, è stato George Archer. Ha avuto una percentuale di realizzo da qualsiasi distanza più alta di chiunque altro io abbia analizzato. Puttava meglio di Nicklaus, Gene Littler, Bob Charles e Tom Watson, solo per citarne alcuni.
E proprio Tom Watson è un esempio, come dicevo per Kim, di ottimo puttatore dai 2 metri in giù. In gioventù era formidabile e l’unico a battere George Archer sulla misura entro i 2 metri. Diventando vecchio Tom ha ahimè perso questa caratteristica iniziando ad usare maggiormente le mani.
AB. Quindi, ma lo vedremo poi sotto, Mr Pelz è a favore di uno swing dritto per dritto, contro l’altra teoria che vuole lo swing del putt su un morbido arco interno, dritto, interno. Quello che mi piacerebbe appurare, e forse nei suoi libri lo si trova, è sapere cosa pensa della faccia del bastone, o meglio del loft del putter e di come si comporta all’interno dell’arco, soprattutto in zona di impatto.
P. Il più affidabile ed il più semplice è il movimento dritto nel back e dritto attraverso l’impatto. Serve essere in una particolare posizione per far si che questo diventi un movimento naturale. Ma la cosa più importante per me è che non si usino le mani per manipolare lo swing, che i polsi non cambino angoli e che la rotazione degli avambracci sia nulla.
Quando ci si mette in posizione sul putter ci si dovrebbe piegare in modo che le mani caschino in verticale sotto le spalle. Se non ci si mette così le braccia dovranno per forza ruotare intorno al corpo, promuovendo così un’azione leggermente ad arco della testa del putter, ma senza che questo comporti per forza un uso di polsi o una rotazione degli avambracci. Non per forza questo è problema, anche se ritengo che non sia un moviemtno così puro e semplice come quello dritto per dritto. Ai miei allievo, se possibile, cerco di insegnare a giocare muovendo il putt dritto per dritto.
La rotazione che avviene alla faccia del bastone non porta a nulla di buono, infatti è come cercare di essere da qualche parte nel momento giusto. Non succede mai, neanche nella vostra vita reale, infatti in realtà siete sempre qualche minuto, secondo, nanosecondo o in ritardo o in anticipo. Lo stesso vale per il putting. Se invece la faccia del putt arriva perfettamente dritta all’impatto riuscirete a dare al putt la direzione voluta. Ma questo non può avvenire, con consistenza, che solo quando la faccia del putt è dritta per un lungo periodo di tempo, come nello swing dritto per dritto.
AB. Ok, tutto chiaro? Mi sorgono 2 piccole domande… Punto primo per poter assumere la posizione descritta (mani sotto le spalle) serve che il putter in nostro possesso lo consenta, ovvero che sia di lunghezza e di lie appropriati. Punto secondo, davvero vorrei sapere che succede al loft, cioè io ho sempre cercato/insegnato di colpire il putt in fase di ascesa, per favorire il rotolo della palla, anche cercando di colpire riducendo il loft, avete presente? un pò come colpire con la racchetta da tennis cercando di imprimere un top. Solo che per ottenere questo effetto sono obbligato ad avanzare i polsi e quindi a cambiarne gli angoli…
P. Per molti anni diverse compagnie mi hanno chiesto di “sposare” uno dei loro modelli, ma non l’ho mai fatto, forse perchè molti di quei modelli non mi piacevano. Il mio scopo non è vendere putter ma migliorare il putting dei golfisti e far si che si divertano di più.
Nel corso degli anni ho osservato il lavoro di Odyssey e devo dire che da sempre hanno fatto molte ricerche ed a volte anche sviluppato dei modelli basandosi su miei brevetti. Un giorno mi hanno chiesto se potevano produrre i modelli 2-Ball e 3-Ball per me ed ho acconsentito, proprio in ragione delle ricerche che costantemente svolgono.
In particolare trovo postivo il fatto che in molti modelli, come i D.A.R.T. o i Backstryke, si stia tornando a costruire teste con migliorie dal punto di vista delle linee utile per aiutare l’allineamento del colpo.
AB. Anche io sono favorevole ai modelli la cui testa ha una grafica che aiuta meglio a determinare la direzione, almeno per quanto riguarda i miei allievi. Oltre ai modelli Callaway citati per esempio anche Mizuno si è messa sulla stessa linea con la Line 90. Pensate che invece per quanto riguarda il mio gioco sul putt ho sempre preferito modelli con testa più sottile e dal look classico, stile Ping Anser per intenderci… Devo dire che questa lettura mette in discussione alcune cose del mio modo di vedere il putting, meglio, vuol dire che appena posso proverò un pò delle cose scritte sopra. E voi?
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