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Mi alzo tutte le mattine alle 5.45, come tanti. Anche nel week-end fra impegni con la famiglia, la belva da portare a passeggio etc… la sveglia non è mai oltre le 8.00 e chi ha figli, soprattutto piccoli, sa bene che il resto della giornata non è all’insegna del riposo. Quindi di norma alla sera mi accascio sul divano, sul pc, o dove capita… ma non domenica sera. Passeggiavo dietro il divano di casa, sbirciando lo schermo della TV, supplicando il temporale di non farmi saltare il collegamento con SKY. Perché? Perché quello che abbiamo visto nella giornata conclusiva di Ryder Cup è stato uno degli eventi sportivi più eccitanti, entusiasmanti ed appaganti a cui uno sportivo possa desiderare di assistere.
E si che la Ryder Cup non mi ha mai appassionato più di tanto, anche le edizioni passate le ho seguite, un dovere, ma mai con l’attesa o la trepidazione provata in occasione di un Major per esempio. Forse solo l’edizione del 2010 è stata in qualche modo speciale, per me, visto la storica presenza dei due fratelli Molinari.
L’edizione 2012 poi è subito nata con una complicazione legata all’orario, in parte sovrapposto ai doveri del lavoro e della famiglia ed in parte al sonno sempre in agguato quando si tratta di tornei disputati in USA.
Però quei cori “USA, USA, USA…” anche in momenti poco opportuni mi hanno subito fatto scattare l’astio contro un tifo poco sportivo e decisamente fuori luogo per un campo da golf e per un torneo così “sacro”. Aggiungi la presunzione di alcuni giocatori USA dopo le prime schiaccianti vittorie et voilà.
Avevano già vinto, a giudicare dal comportamento di alcuni pro, che in realtà dovrebbero ben sapere quanto infido sia il gioco del golf, pronto a regalarti tutto per poi togliertelo subito dopo senza che neanche si riesca a capire cosa e come sia successo.
I match singoli della giornata finale sono iniziati sull’iPhone, seguiti grazie all’applicazione ufficiale, che con un trillo mi segnalava ogni piccola variazione di punteggio, però la “presunta” classifica finale era sempre così a vantaggio degli USA che le speranze erano davvero poche.
Poi la grinta, la passione, la determinazione ben visibile sul volto di Luke Donald, Ian Poulter, Rory McIlroy e Justin Rose mi hanno fatto ricredere… ho ancora i brividi se ripenso alle fasi finali, un colpo dopo l’altro, un cambio di scenario quasi impensabile eppure la realtà è sotto gli occhi di tutti, dopo un putt di quasi 2 metri imbucato con una pressione da Martin Kaymer che non credo sia neanche lontanamente immaginabile, io probabilmente sarei svenuto dalla fifa.
Che dire poi della classe ed eleganza, anche nell’esultare o nel perdere di alcuni come Phil Mickelson, Tiger Woods, Justin Rose o Ian Poulter? Davvero dei campioni di golf e di stile, esempi che faccio fatica a trovare in altri sport.
Non riesco a scegliere un solo colpo da poter definire “Il Colpo della Ryder 2012“, ce ne sono troppi e di giocatori diversi, che selezionarne solo uno sarebbe una sicura ingiustizia nei confronti di approcci, putt e colpi al green tirati con il cuore e con le palle (non mi riferisco alle Titleist o Callaway o Taylor o whatever…).
Toccante anche vedere tutti i tributi e riferimenti a quello che universalmente, almeno dal lato europeo, è riconosciuto come un padrino della manifestazione, cioè Seve Ballesteros, così osannato e ringraziato anche da un commosso Olazabal.
Si, decisamente, questa Ryder Cup mi rimarrà per sempre nel cuore.