Dopo la prematura morte di Andreas Brehme il calcio internazionale è scosso da un altro lutto terribile: era salito sul tetto d’Europa.
Non è un periodo facile per il calcio internazionale che si ritrova a dover affrontare lutti in serie. Quello per la scomparsa di Andreas Brehme, bandiera del Bayern Monaco, dell’Inter, del Kaiserslautern ma soprattutto eroe di Italia ’90 è ancora fresco. Adesso una nuova morte ha devastato tutti i tifosi, perché era stato un grande protagonista della Champions League.
Anzi, della Coppa Campioni che ha cambiato il suo nome nel 1992. Fino ad allora era stata terreno di caccia delle grandissime nel calcio europeo, come il Real Madrid che ne aveva già messe sei in bacheca, anche se l’ultima era del 1966, o del Bayern Monaco, dell’Ajax che aveva rivoluzionato il calcio. Ma anche delle sorprese, come il Celctic e il Feyenoord o la doppietta del Nottingham Forest.
Nella decade degli anni ’80, solo il Liverpool è riuscito a vincerla due volte, più la finale maledetta dell’Hejsel contro la Juventus. Ma prima che cominciasse l’era del Milan di Berlusconi, Galliani e Sacchi, un nuovo interregno con la Steaua Bucarest nel 1986 e il PSV Eindhoven nel 1998. E in mezzo? Una squadra portoghese che ha rinverdito i fasti del Benfica di Eusebio, anche se per lei era la prima volta.
Il Porto in quell’edizione della Coppa Campioni debuttò eliminando i maltesi del Rabat Ajax (9-0 all’andata) ed eliminando poi Vítkovice, Brøndby e Dinamo Kiev. La finale di Vienna contro il Bayern Monaco sembrava proibitiva anche perché ai lusitani mancava l’attaccante principe Fernando Gomes che si era appena rotto una gamba. Dopo il vantaggio tedesco era già tutto apparecchiato ma in tre minuti nella ripreda grazie al tacco di Rabah Madjer e a Juary arrivò il trionfo storico.
A guidare quel gruppo c’era un allenatore rimasto nella storia del calcio portoghese che oggi lo piange. Perché a 78 anni se n’è andato Artur Jorge, per molti l’uomo dei miracoli anche se solo calcistici. Aveva saputo condurre il Porto a vette mai provate prima e mai riviste dopo nelle coppe internazionali. In più lo aveva fatto con un calcio brillante, riportando il calcio portoghese al centro del mondo dopo un periodo di appannamento.
Cresciuto nelle giovanili del Porto, in realtà Jorge si era affermato all’Academica e poi soprattutto nel Benfica vincendo quattro scudetti agli inizi degli anni ’70. infine la Belenenenses prima di staccare e dedicarsi alla sua seconda vita sportiva come allenatore sempre con lo stesso club.
Nel 1984 era tornato al Porto per quattro stagioni vincendo tre scudetti e la Coppa Campioni. Poi anche la panchina del Portogallo prima di arrivare al PSG. E ancora, allenatore della Svizzera all’Europeo del 1996 e del Camerun, senza riuscire a qualificarsi per i Mondiali 2006.
Tra i primi a scoprire il calcio arabo, come allenatore di Al-Nassr e Al-Hilal, aveva chiuso nel 2015 all’MC-Alger nel Paese africano. Oggi lo piangono tutti, a cominciare dalla sua famiglia stretta e dal Porto che ha perso uno dei suoi simboli.
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